Sono sicuro che gli amici della Deutsche Rossini Gesellschaft molto possono ancora fare perché opere capitali come Semiramide, Tancredi, La donna del lago, Maometto II, Otello, Ermione trovino un posto privilegiato nei cartelloni dei grandi teatri tedeschi, perché considero Rossini un compositore particolarmente vicino alla cultura e al pensamento spirituale germanici. La Germania è stata la patria della grande speculazione filosofica che ha aperto la strada al pensiero moderno; con Beethoven ha conquistato alla musica il diritto di superare la natura di divina astrattezza per farsi umana confessione; con Goethe ha cosparso di fremiti romantici il sogno della bellezza. La Germania ha dunque i requisiti per comprendere fino in fondo il miracolo rossiniano che si realizza nei suoi capolavori operistici dove concomitano elementi che normalmente appartengono a generi che si elidono reciprocamente: compiutezza formale e piacevolezza d’ascolto, appannaggio di un genere musicale autonomo che trova ragion d’essere in sé e per sé; la presenza di un racconto drammatico che tratta le vicende e i sentimenti degli uomini trascendendo dalla realtà quotidiana e dal giudizio morale della società imperante. Il risultato di questa operazione di alta conquista spirituale è una appagante commistione di raffinato godimento edonistico, insaporito dal sale del virtuosismo acrobatico, e insieme una obbligatoria riflessione speculativa di alto valore etico.
Come autore di opere teatrali, Rossini non va considerato solo come musicista:
nella concezione dell’esistenza, nel modo di descrivere e giudicare
i comportamenti e i sentimenti dei suoi personaggi Rossini mostra una visione
ontologica e teologica di straordinaria apertura intellettuale e arriva a
cogliere una sintesi speculativa personalissima. Con l’indispensabile
mediazione della musica, anzi esclusivamente in grazia della sua musica, Rossini
arriva a fondere due correnti di pensiero antitetiche, sempre apparse inconciliabili:
lo spiritualismo idealistico, elaborato nell’Accademia di Platone e
nel Liceo di Aristotele e riflesso nell’episteme monoteistico giudaico-cristiano,
che ritiene superiori le pratiche spirituali e mortifica la carne in funzione
di un ipotetico mondo ideale ultraterreno; e il materialismo edonistico coltivato
nel Giardino di Epicuro, che ritiene possibile qui e ora la ricerca di un
piacere che assicuri quanto meno la felicità moderata di un’atarassia
priva di sofferenza. Nel difficile percorso alla ricerca della conoscenza
Rossini ci fornisce le armi raffinate di Tamino, ma le accompagna, come Mozart,
con la concretezza materiale di Papageno, per fornire anche alle anime meno
elette il conforto del sorriso e della speranza.
Far dunque coincidere nello stesso momento il piacere sensuale di un ascolto
edonisticamente sfizioso e l’esercizio della riflessione critica può
condurre all’ebbrezza di intuire l’infinito. Quale altro musico
prima e dopo Rossini può vantare il risultato di indagare con la musica
l’animo umano, di aiutarlo a rispondere agli interrogativi del gnothi
seautón senza conculcare il diritto della musica di nulla esprimere
e nulla spiegare al di fuori di sé stessa e della propria celestiale
magia? Goethe, un genio tedesco, ha potuto riunire in un’unica, immensa
opera le lacrime e la passione palpitante di Margherita e la gelida bellezza
di Elena, la divorante curiosità di Faust e la malefica potenza senz’anima
di Mefistofele. È naturale che un tedesco meglio di altri possa comprendere
e apprezzare il Rossini “serio”.
Discorso tenuto il 15 gennaio 2011 a Gent, in occasione della riunione annua della Deutsche Rossini Gesellschaft. Stesura scritta del 13 febbraio 2011.
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